L’amore per i libri, l’ho scoperto guardando i miei genitori, avidi lettori. Nei loro momenti liberi, quando non erano occupati a giocare con la sottoscritta (sono figlia unica, necessitavo di molte attenzioni!), li vedevo sempre con un libro in mano.

Ricordo la grande libreria, la mia passione per i corposi volumi dell’Enciclopedia, che sfogliavo facendo finta di leggere quei caratteri minuscoli, ispirandomi alle immagini presenti.

Ricordo i libri di favole accompagnati dalle audiocassette, grande aiuto per noi cinquenni ancora analfabeti.

Ricordo l’emozione, verso fine della prima elementare, di entrare in libreria e comprare i primi libri che avrei letto da sola, rigorosamente sul pavimento della mia stanza, a pancia in giù: i fumetti di Mafalda, trovati per caso negli scaffali di casa, ogni libro della collana “Piccoli Brividi” e “Le ragazzine”, Topolino e la sua versione femminile Minnie.

Crescendo, grazie anche ai consigli di professori competenti, ho scoperto il mondo dei romanzi, classici e contemporanei; per i saggi ho dovuto “aspettare” quasi fino ai 30 anni, influenzata dalle letture del mio compagno.

Ho “incontrato” libri che hanno profondamente segnato la mia formazione intellettuale ed emotiva (non posso non citare la mia personale trinità, “Penelope alla guerra”, “Lettera a un bambino mai nato”, “Un Uomo”), altri che ho detestato a 15 anni e che ho amato con la maturità. Sono entrata nella vita e nella psiche degli esseri umani, attraversato epoche storiche, allargato i miei orizzonti, provato empatia per personaggi scomodi.

Ricordo il binge-reading estivo, quando ero capace di leggere anche più di un libro a settimana e le continue incursioni nella biblioteca comunale della mia città, da sola o con mia madre: quando c’è stato da “stringere la cinghia”, quel luogo ci ha permesso di non rinunciare alla nostra passione.

Sono sicura che leggere mi ha permesso di superare più agilmente quelle difficoltà di cui oggi mi occupo: lavorando, ho riconosciuto nei miei piccoli pazienti alcune difficoltà linguistiche, di lettura e scrittura che avevo anche io da bambina. Passando così tanto tempo sui libri, ho accumulato nel mio magazzino lessicale un enorme quantità di parole, che mi hanno facilitato nell’uso di una lettura più agile e veloce.

Da logopedista accanita lettrice, non posso che consigliarvi di avvicinare i vostri bambini alla lettura fin da piccolissimi. Proprio per questo, ho pensato di inaugurare nel mezzo dell’estate una nuova rubrica, un libro al mese.

In questo luglio climaticamente schizofrenico, la scelta è caduta su PAROLA DI ELEFANTE, di Monaca Bauleo (ed.Giunti). Il volume è illustrato e la lettura è consigliata a partire dai 5 anni.

Perché leggerlo?

Per sensibilizzare i bambini alle tematiche ecologiste, al rispetto del delicato equilibrio del nostro ecosistema, alle conseguenze dello sfruttamento selvaggio delle risorse; per insegnare il valore della cooperazione e del lavoro di squadra.

L’elefante Benny ha delle piccole, dolci abitudini. Tutti i giorni alle tre del pomeriggio, accompagnato dalla formichina Livia, attraversa la Giungla fino al Lago Verde per raccogliere l’acqua per i suoi fratelli elefanti. Lì lo aspetta Stellina, una stella alpina dimenticata da un ingegnere di Zurigo in un piccolo vaso di coccio: anche a lei Benny ogni giorno porta acqua fresca. Stellina e Benny si vogliono bene, anche se i saggi del Gran Consiglio non approvano! Un giorno però Benny trova una brutta sorpresa: il lago Verde è vuoto! Neanche più una goccia d’acqua! Che cosa è successo? “Sono stati gli uomini” racconta Stellina. Come faranno gli animali della Giungla a dissetarsi?”