La diagnosi è lì, nero su bianco: deficit recettivo\espressivo, sintattico, lessicale, fonetico-fonologico, semantico-pragmatico….
In mancanza di un’adeguata spiegazione, le famiglie possono fare confusione e sentirsi disorientati su quella che è la problematica linguistica e\o comunicativa dei loro figli.
Cerchiamo di semplificare e di usare parole accessibile ai “non addetti ai lavori”.
In base ai criteri della neurolinguistica, il nostro linguaggio si articola in due grandi componenti: quella RECETTIVA (la comprensione) ed quella ESPRESSIVA (la produzione).
Queste, a loro volta, possono essere distinte su più livelli:

FONETICO-FONOLOGICO recettivo (capacità di discriminare fonemi /a/, /b/, /g/ etc. uguali e diversi) ed espressivo (la loro corretta pronuncia)

LESSICALE recettivo (quante parole si ri-conoscono) ed espressivo (quante parole si producono)

SEMANTICO (capacità di comprendere il significato delle parole ascoltate e prodotte)

MORFO-SINTATTICO recettivo (la capacità di comprendere frasi sempre più complesse e valutarne la correttezza formale) ed espressivo (la capacità di produrre frasi che rispettino le regole previste dalla grammatica della lingua, come, ad esempio, i modi usati per collegare le parole nella frasi, gli articoli, l’uso dei verbi, la concordanza soggetto-verbo o nome aggettivo)

PRAGMATICO (capacità di usare in modo pratico e funzionale il linguaggio durante la comunicazione, come, ad esempio, la modulazione del tono della voce, formule di cortesia, argomento coerente con il contesto e l’interlocutore etc.)

Può accadere, per molteplici cause, che queste componenti non si sviluppino in modo corretto: data l’alta percentuale di variabilità di combinazione delle tipologie di disturbo e le peculiarità genetiche e ambientali tipiche di ogni singolo bambino, i quadri funzionali possibili sono potenzialmente infiniti (un deficit fonologico, ad esempio, si manifesta in modo differente da paziente e paziente: per questo si parla di piano riabilitativo individualizzato).

Esistono, ovviamente, delle caratteristiche che ci permettono di raggruppare disturbi linguistici simili sotto specifiche categorie: sono un’indicazione utile (ma non esaustiva) che permette ai professionisti di orientarsi nella ricerca di una giusta soluzione, parlando un linguaggio comune.
Secondo il DSM-5 , i criteri diagnostici per i disturbi linguistici sono:

-Persistente difficoltà nell’acquisizione e nell’uso del linguaggio che determina deficit nella comprensione o produzione verbale
-Abilità di linguaggio non totalmente acquisite, in relazione a quanto atteso per l’età
-Comparsa precoce dei sintomi di ritardo linguistico
-Persistente difficoltà nella produzione del suono della parola

Il disturbo del linguaggio SPECIFICO, per essere tale, deve presentarsi IN ASSENZA di:
-Deficit uditivo
-Danno acquisito al sistema nervoso centrale che provochi disfunzioni motorie
-Disturbo dello spettro autistico
-Disabilità intellettiva- ritardo globale dello sviluppo

Data la sua grande disomogeneità, nel corso degli anni si è cercato di dividere i DSL in gruppi e sottogruppi specifici. Per aiutarci nell’orientamento, iniziamo col dire che, di ognuno dei livelli sopra elencati (fonologico, lessicale-semantico, morfosintattico), può essere compromessa:
•La componente recettiva
•La componente espressiva
•Entrambe

A questa molteplicità di combinazioni, si aggiunga che il profilo cognitivo e linguistico del bambino può modificarsi nel tempo: per impostare un corretto programma riabilitativo, occorre quindi partire da una corretta valutazione, che dovrebbe consistere in:

•Valutazione del linguaggio in tutte le sue componenti (lessicali, semantiche, sintattiche etc.) in produzione e comprensione
•Valutazione neuropsicologica\neuropsichiatrica (soprattutto per la valutazione del Quoziente Intellettivo e delle Funzioni Esecutive)
•Valutazione dell’ambiente socio-economico in cui vive il bambino
•Consulti specialistici (se necessari)

Nell’ultima parte di questo articolo, proveremo ad elencare le principali descrizioni dei disturbi specifici del linguaggio in età evolutiva.
Si tratta di una classificazione di tipo clinico-diagnostico, che non esaurisce la descrizione del profilo funzionale del bambino: si limita a descrivere il “quanto” e non il “come”.

1. DISTURBO MISTO RECETTIVO ESPRESSIVO
Carenze su tutti i livelli; difficoltà nella comprensione del linguaggio parlato, produzione limitata, vocabolario povero, struttura frasale essenziale

2. DISTURBO SINTATTICO-LESSICALE
Espressivo: adeguata\sufficiente comprensione da ascolto; struttura frasale limitata; produzione carente; difficoltà nel recupero della parola
Misto: si aggiunge la compromissione della comprensione orale di parole e frasi

3. DEFICIT FONETICO-FONOLOGICO
Difficoltà di pianificazione motoria per la produzione della parola; parole poco articolate, spesso inintelligibili; possono associarsi deficit oro-motori nel controllo volontario della muscolatura orale anche in compiti non verbali

4. DEFICIT SEMANTICO-PRAGMATICO

Gli aspetti formali del linguaggio sono nella norma; cattivo\compromesso uso sociale, turni della conversazione compromessi
L’obiettivo del blog, nei prossimi mesi, sarà quello di descrivere quali sono le caratteristiche di ogni singolo deficit e le modalità in cui il logopedista lavora per ri-abilitarle.